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Il 14 marzo ci ha lasciato Stephen Hawking, astrofisico, cosmologo e divulgatore. Impossibile riassumere in poche righe tutto ciò che ha lasciato alla scienza e all’umanità intera.
Un uomo coraggioso e tenace che non si è fatto abbattere dalla malattia e ha continuato a vivere e a sognare.
Si dice troppo spesso che la scienza è fredda, incomprensibile, distante e lontano da noi.
Hawking è uno di quei giganti che ha saputo renderla fruibile per tutti, facendola vedere per ciò che è, ovvero qualcosa che può aiutare l’umanità a progredire e a portarci verso le stelle e nel contempo qualcosa che può essere pericoloso se non controllato.
Non era un ottimista irrazionale, aveva una comprensibile paura del progresso incontrollato, ha sempre detto che l’incontro con gli alieni non sarà facile per noi, ricordando l’impatto che civiltà più evolute hanno avuto con altre meno evolute.
Ha cercato di risolvere il mistero di come è nato l’universo, è andato oltre la superficie dei buchi neri, spiegando che potevano immagazzinare anche le informazioni di ciò che inglobavano e forse potevano essere cunicoli spazio temporali per altri universi.
Ha provato in tutti i modi di dimostrare la Teoria del Tutto, che è una ipotetica teoria fisica che sarebbe in grado di spiegare interamente e di riunire in un unico quadro tutti i fenomeni fisici conosciuti.
Definito l’Einstein della sua era ha saputo superare i limiti del suo corpo, vivendo tramite la sua mente, senza mai smettere di sognare.
Ed è proprio di questo che mi piacerebbe dire qualche parola in più.
Quest’uomo ha avuto un coraggio da leoni, non deve essere stato facile sapere di finire inchiodato ad una sedia a rotelle, seppur robotizzata, come ci ha mostrato il bel film di James Marsh La Teoria del Tutto, dove il cosmologo fu interpretato superbamente da Eddie Redmayne, che si portò a casa giustamente un Oscar.
All’inizio Hawking rifiutò la malattia perché gli impediva di fare tutto. Di muoversi, di camminare, di scrivere. Ebbe paura. Non pensiamo che per il grande scienziato sia stato facile. Non commettiamo questo stupido e sciocco errore. Sarebbe come banalizzare la sua forza interiore, il suo difficile percorso e il suo coraggio. Come dice Don Camillo a Gesù: “Per amor vostro sarei disposto ad affrontare mille di queste paure, però ho paura. Mi disprezzate, Gesù?” “No, se no che valore avrebbe il tuo coraggio?”
Hawking ebbe paura eccome. Ma seppe andare oltre, grazie alla sua prima moglie Jane Wilde che decise di non abbandonarlo, prendendosi carico della sua condizione. La determinazione della donna gli salvò anche la vita, quando finì in coma negli anni 80. Non si arrese mai. E questo suo coraggio contagiò anche Hawking che ha lottato e sognato fino alla fine con lo spirito di un ragazzino. Quando i due si lasciarono lo fecero di comune accordo, rimanendo amici per tutta la vita.
Ed è giusto non dimenticare anche la sua seconda moglie, Elaine, un’infermiera, che gli permise di ritrovare la voglia di comunicare, dopo che aveva perso la voce, mediante una tavola con colori e lettere.
Come non piangere di gioia vedendolo fluttuare in aria in una simulazione di viaggio spaziale? Come non sorridere per le sue numerose apparizioni in serie tv rinomate come i Simpson, Futurama, The Big Bang Theory e in Star Trek, dove vi fu nientemeno che una memorabile partita a poker con Einstein, Newton e Data? Come non ridere di cuore quando impose ai suoi amici di voler andare a vedere Star Wars – Rogue One?
E vogliamo parlare delle incursioni in ambito musicale con i Pink Floyd?
Redmayne, mentre lo studiava, ha raccontato di aver visto:
“Anche adesso, che è totalmente incapace di muoversi, è possibile vedere una tale effervescenza di sentimenti nei suoi occhi”.
Ecco, sarebbe bello poter vedere questo negli occhi di tutti i malati.
Lasciatemi dire che sarebbe bello poter aiutare tutti i malati a vivere come ha saputo farlo lui. Prima di pensare, giustamente eh, ai modi di morire dignitosamente, io direi di cercare anche tanti modi di far vivere dignitosamente i malati, senza mai farli sentire di peso, facendo loro scoprire la gioia di vivere, sempre e comunque.
Grazie per tutto Stephen, ora puoi volare tra le stelle e scoprire le origini dell’universo.
Il mio tributo ad Hawking:
Volare tra stelle, atomi e buchi neri, pur rimanendo ancorati alla terra è una dote più unica che rara. Richiede una mente che sappia fare le capriole tra tutte le nozioni apprese e quelle che devono essere ancora scoperte, è un volo d’ali tra ciò che già esiste e quel che è ancora sconosciuto.
Se a questa indiscussa genialità aggiungiamo anche una profonda autoironia, un certo grado di nerdaggine ed una malattia rara che inchioda ogni fibra del tuo corpo, allora si comprende come il risultato che fu Stephen Hawking sia uno di quegli eventi che ti porta a dire “io c’ero, quando lui è vissuto”.
Viviamo in una società che tende a nascondere morte, malattia e disabilità più o meno come si fa con la polvere che finisce sotto il tappeto; ogni attimo della nostra vita deve essere al top, da come ci vestiamo a cosa mangiamo. Tutto veloce, tutto connesso… tutto e subito.
Hawking fa parte di quel ristretto gruppo di persone che ti costringe ad uno stop, affinché tu possa smettere di “guardarti i piedi per poter vedere le stelle”, parafrasando una sua celebre frase. Rallentare per far correre la mente, nella quale concetti, formule e idee si esprimono nella meravigliosa danza dell’umana conoscenza che non si arresta con i limiti del corpo, ma anzi trova la forza di esprimersi in tutta la sua grandiosità e arriva fino a viaggiare nell’universo.
(Photo Credit by Bob Moran)
Il contributo scientifico di Hawking lo si può trovare domandandolo a google. Quello umano – nel quale i confini di ciò che siamo e la forza di volontà di ciò che vorremmo essere ballano il loro incessante passo a due – lo dobbiamo invece domandare a noi stessi, dinanzi alla sua figura, affinché ciò che egli è stato non sia solo una fantastica cometa passeggera, ma una luce che ne accende molte altre.
Chiara Liberti